Greatti e Gori, intelligenza e gol per lo scudetto rossoblù
Ci avviciniamo rapidamente al 12 aprile, mancano ormai soli cinque giorni al cinquantesimo anniversario dello scudetto del Cagliari. Vi presentiamo oggi due figure cardine dell’undici campione d’Italia: Ricciotti Greatti, “cervello” della squadra e Bobo Gori, supporto del bomber per eccellenza Gigi Riva.
Ricciotti Greatti, il regista
Il “direttore d’orchestra” della squadra campione d’Italia. Dotato di grande acume tattico, Greatti smistava elegantemente palloni dalla cabina di regia. Curiosa l’origine del nome: il padre lo chiamò Ricciotti in quanto grande ammiratore di Giuseppe Garibaldi, che così battezzò uno dei figli avuto da Anita, sua prima moglie.
Da ragazzo era molto silenzioso, poi diventò estroverso e polemico. Sul campo era inizialmente un calciatore estroso e ribelle, ma in seguito si trasformò lentamente in uomo d’ordine.
Nato a Basiliano, in provincia di Udine, il 13 ottobre 1939, Ricciotti Greatti dopo le giovanili con lo Spilimbergo esordì come centravanti con la maglia della Fiorentina (2 reti nelle prime 2 partite). Poi un anno a Palermo e tre stagioni con la Reggiana, prima di legare definitivamente la sua carriera al Cagliari.
Arrivato in Sardegna nel 1963 per 32 milioni di lire, diventò subito un punto fermo della formazione che in quella stagione conquistò la prima, storica promozione in Serie A. Rimase in rossoblù per nove stagioni, fino al 1972, anno del ritiro. Fu uno dei grandi interpreti della rivoluzione del Cagliari, passato da neopromosso in Serie A a una delle squadre più forti in Italia.
Fu protagonista indiscusso anche dello scudetto 1969-70, stagione in cui collezionò 27 presenze e mise a segno un gol. «Giocavamo un calcio spumeggiante, e piacevole, i tifosi si divertivano. Un gruppo come il nostro è irripetibile ed è per questo che abbiamo vinto lo scudetto», dichiarò ai microfoni del Club a proposito di quel successo.
Riccio, così era soprannominato, col Cagliari totalizzò 261 presenze in campionato (223 in A) condite da 28 reti (16 in otto anni di Serie A). Sei presenze, inoltre, nelle Coppe Europee: 2 nella Coppa Mitropa 1966-67 (2 gol) e 4 nella Coppa dei Campioni 1970-71. Numeri importanti e grandi meriti sportivi riconosciuti attraverso l’inserimento nella Hall Of Fame del Club.
Il suo distacco dal mondo del calcio fu pressoché totale. Appese le scarpe al chiodo, intraprese l’attività di assicuratore. Rientrò brevemente nel mondo del calcio nel 1990, sotto la gestione della famiglia Orrù, ma capì subito che non era la strada giusta da seguire.
Unico neo della sua carriera, il mancato approdo in Nazionale. Un ruolo, il suo, nel quale proprio in quel periodo abbondavano interpreti di livello internazionale come Rivera e Mazzola. Nel 1970 il compianto Gianni Brera pregò Valcareggi di convocarlo per i Mondiali. Prima della competizione, il Commissario Tecnico azzurro lo chiamò e gli disse: «Ho già dei problemi a portare tutti e due (Rivera e Mazzola, ndr), se vieni non giochi, però lo meriteresti».
È innamorato della Sardegna, terra in cui si è stabilito assieme a tanti suoi ex compagni: «Siamo rimasti qui perché si vive davvero bene e le persone sono davvero uniche. – ha dichiarato al sito del Club – Nella vita ci si ferma dove si sta bene e noi qua ci stiamo benissimo». Ha recentemente confessato di non riuscire a rimanere lontano dall’Isola per più di tre giorni.
Luca Pes
Sergio “Bobo” Gori, la spalla del bomber
Elegante nei movimenti, dotato di grande spirito di sacrificio e di un discreto senso del gol: Sergio Gori si scoprì presto il partner ideale per un bomber come Gigi Riva. La coppia offensiva rossoblù trovò subito grande affiatamento dentro e fuori dal campo. I movimenti di Bobo erano fondamentali per aprire varchi nelle difese avversarie, sfruttati alla perfezione dal finalizzatore per eccellenza Riva.
Nato a Milano il 24 febbraio 1946, esordì giovanissimo nella Grande Inter del Mago Helenio Herrera. Coi nerazzurri giocò solo 10 partite, ma contribuì alla vittoria di due scudetti, alla conquista della Coppa Campioni e della Coppa Intercontinentale nel ’65. Successivamente, venne mandato a farsi le ossa a Vicenza, per poi tornare all’Inter nel 1968 e diventare contropartita tecnica, insieme a Domenghini, nella trattativa che lo portò a Cagliari nello scambio con Roberto Boninsegna.
Sei stagioni intense con la maglia rossoblù, nelle quali collezionò 166 presenze e 33 gol in Serie A; scese in campo, inoltre, nelle quattro sfide disputate dal Cagliari in Coppa del Campioni, mettendo a segno un gol.
Il 1970 fu un’annata d’oro per Bobo Gori: dopo la vittoria del tricolore da protagonista (sempre presente e 6 gol all’attivo), fece parte della spedizione azzurra che giocò i Mondiali in Messico e disputò pochi minuti, da subentrato, nel vittorioso incontro (4-1) contro la squadra ospitante della manifestazione.
Rimase a Cagliari fino al 1975, stagione in cui dopo l’infortunio di Riva, si caricò la squadra sulle spalle e con 10 gol fu determinante per la salvezza dei rossoblù. L’anno seguente diventò un giocatore della Juventus con la quale vinse il quarto scudetto della sua carriera. L’ultima stagione in serie A la giocò a Verona nel 1977. Prima di dire addio al calcio disputò un’ultima annata in serie C2, con la maglia del Sant’Angelo.
Una carriera ricca di soddisfazioni, ma i ricordi più belli sono colorati di rosso e blu. In particolare, il gol più importante, quello del 2-0 al Bari che decretò la vittoria dello scudetto per gli isolani. Emozioni come queste non si scordano mai.
Nessun rammarico dentro il campo da calcio, ma ancora oggi Bobo Gori ha un grande rimpianto: non essere rimasto a vivere in Sardegna.
Andrea Piras