L’influenza dei super-ricchi sulla democrazia


La crescente disuguaglianza economica è un tema che preoccupa sempre di più, soprattutto per le implicazioni che ha sulle democrazie moderne.

La concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi solleva interrogativi su come le risorse vengano distribuite e su chi, davvero, ne tragga vantaggio.

Per comprendere l’entità di questa disuguaglianza, consideriamo che su una popolazione mondiale di 8,2 miliardi di persone, solo 84.000 possiedono patrimoni superiori a 100 milioni di dollari.

In Italia, uno dei paesi più industrializzati d’Europa e facente parte del G8, questi individui rappresentano solo lo 0,004% della popolazione; i restanti 99,996% hanno patrimoni inferiori a tale cifra.

È evidente che i “super-ricchi”, sebbene siano una minoranza, controllano una porzione incredibile della ricchezza globale, evidenziando l’enorme disparità nella distribuzione del capitale finanziario.

Per visualizzare meglio questa disuguaglianza, consideriamo un video che circola sui social che utilizza chicchi di riso per rappresentare la distribuzione della ricchezza. Ogni chicco di riso simboleggia centomila dollari. Se fate parte del 90% della popolazione, probabilmente non possedete nemmeno un chicco.

Al contrario, figure come Elon Musk o Jeff Bezos possiedono vere e proprie montagne di chicchi. Nel 2021, ad esempio, il fondatore di Tesla guadagnava circa 100.000 dollari ogni 20 secondi. Questa rappresentazione visiva rende evidente l’ampio divario economico che separa i super-ricchi dal resto della popolazione mondiale.

Nonostante l’evidente asimmetria molti, anche tra i meno abbienti, continuano a sostenere politiche che favoriscono i più ricchi, spesso per un’illusione di mobilità sociale. In Italia, ad esempio, la classe media si percepisce come “ricca” rispetto ad altri, ma questa è una visione distorta.

La realtà è che la maggior parte della popolazione è ben lontana dal livello di ricchezza dei veri super-ricchi, eppure continua a sostenere politiche che li avvantaggiano.

La disuguaglianza tra i super-ricchi e la popolazione è ormai insostenibile, ma ottenere una riforma fiscale che ne affronti le cause è tutt’altro che facile. In primo luogo, la concentrazione del potere economico tra le mani di pochi rende difficile qualsiasi cambiamento significativo.

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I super-ricchi infatti, non solo influenzano la politica attraverso il loro capitale, ma controllano anche i media, contribuendo a plasmare l’opinione pubblica a favore di politiche che preservano lo status quo. Questo crea una dinamica in cui molte persone, anche quelle meno abbienti, sono dissuase dal sostenere riforme che potrebbero sembrare dannose per l’interesse immediato o per la promessa di una mobilità sociale che, in realtà, è rarissima.

Inoltre le forze politiche tradizionali, spesso dipendenti dai finanziamenti dei ricchi o influenzate dalle lobby, tendono a favorire gli interessi dei più potenti. Questo legame tra potere economico e politico genera un circolo vizioso che rende arduo rompere il dominio dei super-ricchi.

Nonostante la crescente consapevolezza della disuguaglianza, la paura del cambiamento e la mancanza di un’organizzazione collettiva in grado di sfidare efficacemente queste forze, impediscono al popolo di prendersi il controllo del proprio destino.

Un esempio chiaro di come i super-ricchi influenzano la politica è Elon Musk. Il miliardario ha appena iniziato il suo ruolo attivo nel secondo mandato di Donald Trump, condizionando direttamente le politiche che riguardano l’industria tecnologica e l’ambiente. La sua partecipazione alla Conservative Political Action Conference (CPAC) è una manifestazione del suo impegno in un’agenda pro-business, che spesso entra in contrasto con le esigenze di una società più equa.

In Italia, un caso emblematico è Silvio Berlusconi, imprenditore e proprietario di un impero mediatico. Ha utilizzato la sua ricchezza per manipolare l’informazione e ottenere il controllo sia della politica che dei media. La sua carriera politica, iniziata negli anni ’90, ha dimostrato come un uomo d’affari possa diventare primo ministro grazie alla sua influenza economica e al predominio mediatico, anticipando il modello seguito da figure come Donald Trump.

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Oltre alla politica, i super-ricchi esercitano una potente influenza anche sui media. Come spiega Noam Chomsky in Manufacturing Consent (1988), chi ha potere economico spesso controlla i media, creando narrazioni che giustificano le disuguaglianze e impediscono una comprensione critica della realtà.

Questo sistema contribuisce a mantenere lo status quo, facendo credere che il sistema economico sia giusto e che, con sufficiente impegno, tutti possano raggiungere il successo dei miliardari.

Anche Antonio Gramsci, nei Quaderni del carcere (1948), parlava di “egemonia culturale”, sottolineando che le classi dominanti non esercitano solo il potere attraverso la forza, ma anche mediante il controllo delle idee e della cultura. Le classi sociali più basse e la classe media, influenzate da questo controllo, finiscono per sostenere politiche che, in realtà, favoriscono i ricchi.

Molti non comprendono che una maggiore tassazione dei grandi patrimoni, spesso osteggiata anche dalla classe media, sarebbe vantaggiosa per la società nel suo complesso, migliorando servizi essenziali come sanità e istruzione. La paura che misure fiscali contro i super-ricchi possano danneggiare anche i più poveri è infondata.

Tuttavia, è fondamentale riconoscere che la stessa forza con cui le masse credono in un’illusione potrebbe essere indirizzata verso una consapevolezza collettiva. Se il patrimonio dei super-ricchi venisse distribuito, molte persone nel mondo avrebbero una vita migliore.

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La chiave sta nel risvegliare questa consapevolezza e nel promuovere un dialogo pubblico che spinga verso politiche più giuste.

Emanuele Mulas

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