Una storia che dobbiamo smettere di raccontare
C’è una storia che si ripete da secoli, vestita ogni volta di nuove parole e di nuove facce, una narrazione che le masse hanno sempre trovato semplice da credere.
Un racconto falsato, che ci rassicura di non essere noi il problema, che le nostre sfortune non dipendano né da noi né da chi ci governa, ma siano sempre colpa dei diversi, degli stranieri, di chi ama, di chi ha il colore “sbagliato” e di chi vive al margine.
Le parole, oggi come ieri, non cambiano. Sono quelle che con voci forti molti leader continuano ad usare nei loro discorsi. In questo stesso momento riempiono i social media e forse le abbiamo sentite a pranzo da un nostro famigliare.
Ci viene detto che se le cose non vanno bene è perché c’è qualcuno che ci minaccia. Un “loro” da cui difenderci.
E allora gli immigrati diventano tutti criminali e ladri di lavoro e le persone LGBTQ+ un’offesa alla morale e alla famiglia tradizionale.
Questa narrazione riemerge ogni volta che il sistema che ci dovrebbe sostenere inizia a vacillare: quando i posti di lavoro scarseggiano, l’istruzione diminuisce e il costo della vita aumenta.
Creare capri espiatori è il modo più antico per guadagnare potere e mantenere il consenso. Siamo divisi, siamo spaventati, ci facciamo la guerra tra poveri mentre chi ci governa continua a fare esattamente quello che vuole.
Le vere questioni restano nascoste, sommerse da chiacchiere sul pericolo dell’ “invasione” o sulla difesa dell’identità nazionale e intanto gli stipendi restano bassi, noi restiamo precari, le scuole cadono a pezzi e gli ospedali chiudono.
Manipolarci sarà ancora più semplice e dovremmo ricordarci che non ha senso sfogare la rabbia su chi ha il nostro stesso bisogno di sopravvivere, perché non sono così diversi da noi.
Non sono gli immigrati o le minoranze a rubare il futuro o a mettere in pericolo la nostra famiglia, ma chi ci distoglie dai veri problemi con bugie ben confezionate.
Le “minoranze” pericolose non arrivano sui barconi, sono quelle che vogliono il tuo voto ma ti disprezzano, sono quelle che già decidono della tua vita al punto che i loro pensieri sono diventati i tuoi.
È sbagliato cadere nel tranello dei pregiudizi perché odio e paura non risolvono i problemi, li alimentano. Il mondo non è diviso in bianco e nero. Le relazioni, le persone e le situazioni sono complesse, fatte di mille sfumature e per affrontare temi tanto delicati serve comprensione ed empatia.
Proviamo invece a immaginare uno Stato italiano diverso, un’Europa più sociale, un mondo in cui gli abitanti in quanto esseri umani siano più integrati e si sostengano a vicenda.
Dove la nostra rabbia non si riversi contro i più deboli, ma contro chi ci ha convinto che essi siano la causa dei nostri problemi. Non diventiamo il megafono di quelle voci, la società cambia in fretta e quel “diverso” indifeso verso il quale oggi viene puntato il dito potremmo facilmente diventare noi. Gli ebrei hanno sostenuto e finanziato con fiducia il fascismo per poi ritrovarsi da un giorno all’altro su un treno per Auschwitz.
Ma se pensiamo in modo diverso c’è un’altra realtà che possiamo cercare di realizzare: quella dove ognuno di noi fa la propria parte per migliorare la comunità. Tutto comincia da qui, da riflessione semplice: non possiamo farlo attraverso l’odio.
Non lasciamoci ingannare dalla stessa vecchia storia di chi ci vuole divisi, deboli ed ignoranti. Questa volta scriviamo insieme un finale diverso.
Emanuele Mulas