Papa Francesco uno degli ultimi veri leader mondiali

 

 

 

di Andrea Orrù

 

Poche ore fa è tornato alla casa del padre Jorge Bergoglio, Papa Francesco I, oggettivamente uno degli ultimi veri leader mondiali, indipendentemente dalle considerazioni politiche o ideologiche di ciascuno. 

Già dal nome papale assunto, Francesco, si può evincere il suo modus operandi, il suo stile di vita fatto di semplicità e di solidarietà umana in quanto nessuno si salva da solo.

Figlio della teologia della liberazione, il pensiero di Francesco è insieme antico e moderno, incentrato cioè sul cristianesimo delle origini e sulle nuove esigenze sociali e da qui la concezione del bene comune, la critica della società opulenta e consumistica, della finanza senza regole, della guerra come strumento di angheria e sopraffazione nei confronti degli ultimi e degli indifesi.

Come pescatore di anime, Francesco ha evidenziato per l’appunto un nuovo tipo di peccato, quello “sociale”, dal quale non era possibile affrancarsi con la penitenza e con la confessione, ma esclusivamente per mezzo delle opere buone strettamente connesse alla giustizia, non quella divina, ma quella sociale, degli uomini che devono vivere secondo i principi del Vangelo.

Non a caso, nel magistero di Francesco è ampiamente presente la parola “popolo”, inteso come comunità cristiana volta alla convivenza civile e politica. In quanto antico e moderno, proprio il termine “popolo” gli ha attirato soprattutto negli ultimi anni critiche – più  strumentali che costruttive -, probabilmente per il suo approccio eccessivamente collegato all’esperienza peronista della sua terra natia, ad una “ideologia populista” facente appello, appunto, alla battaglia degli emarginati contrapposti alle élites economiche e politiche, ad una indistinta comunità internazionale, sia religiosa sia politica, prescindendo quindi dai confini e dalle peculiarità di ciascuna nazione, nella speranza di unire tutte le religioni contro l’Occidente capitalistico sempre più secolarizzato ed eticamente corrotto, 

Naturalmente, in tutto il suo pontificato (13 marzo 2013 – 21 aprile 2025), Francesco è sempre stato cosciente delle possibili incomprensioni circa il suo linguaggio, ma analizzando alcuni dei suoi scritti, pubblicati prima e durante il magistero papale, si può forse mettere in luce alcuni principi e punti di riferimento nel suo percorso formativo.

Ad esempio, l’idea di una Chiesa aperta al mondo, che deve uscire fuori dalle sacrestie, propria e specifica del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1963): la dottrina di Bergoglio si inserisce infatti in quel filone gesuita che ha valorizzato nell’immaginario collettivo la speranza di una “respublica christiana”, di un “popolo di Dio” che viene prima di qualsiasi gerarchia ecclesiastica, il che comporta conseguentemente il primato assoluto della coscienza battesimale su ogni istituzione ministeriale della Chiesa e l’evangelizzazione delle culture per una migliore e sostenibile promozione dell’uomo, in un orizzonte che rimanda al sincretismo plurale di culture ed etnie; l’idea, insomma, di una politica come forma di carità, di un idem sentire comune in grado di oltrepassare le tradizionali ed invisibili differenze di tempo e di spazio che, tuttavia, per una sua visione forse troppo utopistica – in specie su temi come immigrazione, guerra, pace ed ambiente -, non è riuscita a scalfire le leggi scritte e non scritte della “real politik” e dell’atavica inclinazione dell’individuo di essere principalmente servitore del proprio “io”.

 

Elitech di Franco Dalmonte - Bacheca digitale

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