L’UE si rinnova: comandano le donne e all’Italia spetta il Parlamento con David Sassoli (PD)
di Francesca Matta
Per la prima volta nella storia dell’Unione Europea saranno due donne a sedere sugli scranni più importanti della politica comunitaria: Ursula Von der Leyen, esponente della CDU tedesca ed ex Ministro della Difesa del IV governo Merkel, presiederà la Commissione europea, mentre la francese Christine Lagarde, ex Ministro dell’Economia del governo Sarkozy e per otto anni presidente del Fondo Monetario Internazionale, guiderà la Banca Centrale Europea.
Due posizioni strategiche per i palazzi di Bruxelles, che vedono rinascere l’asse franco-tedesco mentre lo storico alleato italiano – che aveva conosciuto un forte consenso con l’esponente Mario Draghi alla direzione della politica monetaria europea (Bce) – viene lasciato “fuori dai giochi” per ciò che riguarda le decisioni più rilevanti sul futuro dell’Unione Europea.
A dire la verità, si è fatto in extremis un tentativo per riallacciare i rapporti – ormai logorati da una politica del tutto ostile all’Ue portata avanti in più d’una occasione dal governo gialloverde. È con la nomina del giornalista David Sassoli (PD) alla presidenza del Parlamento Europeo che l’Italia può tirare un sospiro di sollievo, sebbene si tratti di un organo puramente consultivo senza alcun potere decisionale. Ma è in questa sede che il nostro Paese – se vorrà – potrà far valere le sue posizioni sulle questioni più spinose che hanno portato a un duro scontro tra l’Italia e il resto della comunità europea: prima su tutte, la riforma del Trattato di Dublino e il mancato accordo tra i paesi Ue sulla redistribuzione dei migranti.
Un tema che preoccupa l’elettorato italiano e su cui il governo in carica (e in particolare il Ministro dell’Interno Matteo Salvini) ha battuto i pugni, accrescendo enormemente i propri consensi, con la Lega che oggi è stimata al 38% delle preferenze. Serve, a detta dei due soci di maggioranza, un programma che non “lasci sola” l’Italia ogni qualvolta arrivi un barcone con un centinaio di migranti e una politica che sappia gestire i flussi migratori provenienti sia da zone di guerra sia da aree colpite da siccità e carestie, dovute ai cambiamenti climatici – altro tema fondamentale su cui si dibatterà a lungo in questa nuova fase politica.
C’è da dire che lo stesso ministro Salvini sembra proprio voler rifuggire gli accordi internazionali, disertando 7 vertici europei su 8 (l’85% del totale) in cui si è trattato proprio di emergenza migratoria. Un modus operandi che la Lega ha adottato anche durante la scorsa legislatura del Parlamento Ue, quando Salvini rivestiva i panni di eurodeputato e non ha mai partecipato alle 22 riunioni negoziali per una riforma del regolamento di Dublino.
D’altra parte l’alleato di governo Luigi Di Maio sembra voler intraprendere un’altra strada: al contrario della Lega, infatti, il Movimento 5 Stelle ha votato a favore della nomina di Ursula Von der Leyen, dimostrandosi aperto al dialogo con il nuovo assetto politico europeo. Ma c’è un altro elemento che potrebbe far avvicinare il leader pentastellato all’Unione Europea: il salario minimo, già proposto a gran voce dall’ex cancelliera tedesca Angela Merkel, molto vicina alla Von der Leyen. Una partita che andrà giocata bene dai Cinque Stelle che oggi, dopo un anno e mezzo di governo, si ritrovano coi consensi dimezzati attorno al 17% e un gruppo dirigente che, usando un eufemismo, naviga a vista.