Quando la narrativa incontra il gioco del calcio: la bizzarra storia del collettivo “Valderrama”.

Avete mai cercato di rivivere le parate o i gol che hanno fatto la storia del calcio, raccontandoli in modo mitico? È proprio questo che il collettivo letterario Valderrama ha cercato di fare negli anni del grande calcio. Nato quasi per caso da un gruppo di amici e colleghi dell’Università di Bologna, è riuscito a trasformare la passione per la scrittura e il calcio in un progetto semi editoriale serio e innovativo.

L’idea del collettivo Valderrama era quella di raccontare un mondo ben conosciuto, ma spesso trattato superficialmente da titolisti e pubblicisti di dubbia qualità. “Non ne potevamo più dei nostalgici della poesia nel calcio, né dei moralizzatori del calcio malato”, recita il Manifesto del collettivo, che si ispira anche al lavoro del collettivo Wu Ming. Ed è proprio come i Wu Ming, i membri di Valderrama, ossia Michele Manzolini, Federico Ferrone, Diego Cavallotti, Maurizio Bubbicchio e Massimo Milella, condividevano non solo gli spazi bolognesi, dove ognuno lavorava già come pubblicista o nell’editoria, ma anche un approccio collettivo sia nel processo creativo che nella firma degli scritti. Ogni opera letteraria, infatti, portava la firma del collettivo, che rifletteva uno stile comune.

Dal semplice Fanta calcio, gioco-scommessa ormai noto e praticato da molti tifosi, il collettivo ha cominciato a sviluppare narrazioni utilizzando vari espedienti, dal fotoromanzo al fumetto. Inizialmente, l’interesse per i loro lavori era circoscritto agli amici del gruppo, ma col tempo si è esteso, arrivando a ricevere proposte di collaborazione da gruppi editoriali come Errepi di Radio Popolare. Tra i riconoscimenti, spiccano il Festival del giornalismo di Perugia, una delle vetrine più importanti per l’editoria e il giornalismo, e l’apprezzamento da parte di Wu Ming 3, che trovò il progetto Valderrama particolarmente interessante e originale.

L’obiettivo dei Valderrama era trattare il calcio non come una cronaca o un’opinione, ma come una narrazione. Questo approccio permetteva di esplorare vari livelli del tema calcistico: da un lato, la produzione di racconti fantasy — come nel caso del celebre Il cazzo di Gullit, che potrebbe avere come sottotitolo “Dialogo filosofico tra un allenatore e il suo pene” — e dall’altro, un interesse storico e scientifico, con vere e proprie indagini sui temi legati al calcio. Un esempio di quest’ultima direzione è la rubrica I Sepolcri, che racconta i peregrinaggi — talvolta veri, talvolta inventati — alle tombe dei giganti del calcio.

Una delle narrazioni più riuscite del collettivo è sicuramente il fotoromanzo L’autogol fatale, che racconta la storia di Andrés Escobar, il difensore “gentiluomo del calcio” ucciso due mesi dopo i Mondiali del 1994 dai narcotrafficanti, colpevole di aver segnato un autogol che ha di fatto eliminato la sua squadra dal torneo. Da questa storia è stato poi ricavato un fumetto che, oltre a raccontare il dramma, ha anche una funzione storica che assolve il dovere di cronaca.

Con il passare del tempo, dopo numerose pubblicazioni, il progetto ha guadagnato consensi positivi e il collettivo ha deciso di fare un ulteriore passo avanti, pubblicando un libro, Redenzione e pallone, edito nel 2016 da Jouence. Il libro è stato presentato a Milano insieme al giornalista del Corriere dello Sport Paolo Condò, il quale ha definito l’opera del collettivo “una raccolta del periodo prepuberale di Valderrama”.

Nonostante gli sforzi, il progetto non ha mai raggiunto un sbocco professionale che permettesse al collettivo di sostenere finanziariamente e in modo continuativo le sue attività. Tuttavia, i membri di Valderrama non hanno chiuso definitivamente il progetto e promettono di tornare a produrre nuove narrazioni in futuro.

 

Maurizio Liscia

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