Decimomannu. Dai primi racconti al contratto con Garzanti. Cristina Caboni si racconta: “Scrivere è sentimento, non ci si inventa scrittori”

Di Francesca Matta

Scrittrice di levatura internazionale, Cristina Caboni vive a Decimomannu con la sua famiglia. È qui che scrive i suoi romanzi, pubblicati dalla casa editrice Garzanti, che vengono letti sia in Italia sia all’estero: basti pensare che il primo romanzo “Il sentiero dei profumi” ha venduto 80 mila copie soltanto nel nostro Paese, è subito diventato un best seller in Germania con le sue 100 mila copie ed è stato distribuito nelle librerie di 26 nazioni diverse.

Com’è nata la sua passione per la scrittura?
Devo dire che è stato molto spontaneo. Vengo da una terra in cui la tradizione orale delle storie è ancora viva e continua ad essere tramandata, soprattutto nei piccoli paesi. La Sardegna è ricca di racconti popolari, che ancora oggi la rendono un luogo adatto alla scrittura. E poi la lettura mi ha aiutato tanto: quando leggi impari anche le varie tecniche di scrittura di ciascun autore e ciascun genere letterario. Ci vuole molta pratica ed esercitazione.

Com’è iniziata la sua carriera e com’è riuscita ad ottenere un contratto con la Garzanti?
È stato un percorso per tappe in cui è stato fondamentale il ruolo dell’agenzia letteraria: ha preso in carico i miei scritti e mi ha aiutato a presentarli alla casa editrice. Dopo aver finito gli studi, ho iniziato a scrivere i miei primi racconti, poi sono passata alle novelle e infine al mio primo romanzo “Il sentiero dei profumi”(Garzanti, 2014). Il profumo è un senso che pian piano stiamo perdendo, ma che in realtà è fondamentale perché ci aiuta a vivere appieno ciò che ci circonda. Oggi abbiamo delegato ad altri oggetti il compito del saper riconoscere i vari profumi che incontriamo durante le nostre giornate: penso, ad esempio, ai rilevatori di fumo che ci segnalano una perdita di gas e ci salvano la vita. Ma dovremmo riprenderci questo senso e reimparare a svilupparlo.

Dove trova l’ispirazione per i suoi romanzi?
Dalla vita di tutti i giorni. Il mio secondo romanzo si intitola “La custode del miele e delle api” (Garzanti, 2015) e si ispira alla mia esperienza da apicoltore. È un’attività molto impegnativa, ma che ti insegna tanto: il valore della natura e anche del lavoro, della vita all’interno di una comunità. Nell’ultimo romanzo, invece, “La stanza della tessitrice” (Garzanti, 2019) racconto una storia a partire da un oggetto della tradizione sarda: lo scapolare, un piccolo sacchetto che veniva cucito all’interno dell’abito femminile in cui era contenuto un augurio di una vita felice. Si tratta di un elemento popolare che fa parte della mia storia personale e che mi piace raccontare: Assunta Collu è la sorella della mia bisnonna che, come mi raccontava mio padre, cantava per attirare le api verso di sé. La Sardegna è una grande fonte d’ispirazione perché qui riusciamo a vedere oltre le cose che si possono toccare: viviamo in una terra in cui il concreto si interfaccia con qualcosa che ha a che fare con lo spirituale. Se non lo si vive, non si può comprendere.

 

 

È difficile coniugare la sua attività di scrittrice col ruolo di madre di famiglia?
Parlo per me, sono stata molto fortunata a trovare una persona, mio marito, che mi ha sempre sostenuto e appoggiato nel lavoro e nelle scelte personali. Ci siamo sempre aiutati a vicenda, quindi no non ho sentito questo peso, anzi. Quando le mie figlie erano ancora piccole avevo già iniziato a scrivere il mio primo romanzo e sono riuscita a raggiungere l’obiettivo che mi ero prefissata. Il punto non è il tempo che abbiamo a disposizione, ma il modo in cui decidiamo di sfruttarlo: penso ai social che ci rubano un sacco di tempo, che potremmo impiegare in qualcosa che davvero ci interessa fare.

Cosa consiglierebbe a un giovane che vuole intraprendere questa carriera?
La prima cosa è leggere: chi vuole scrivere, deve leggere tanti libri di vario genere. Bisogna leggere tutto, non solo quel che ci piace perché è molto importante per assimilare le tecniche di scrittura. E poi bisogna studiare, tanto. Quando ho iniziato a scrivere ho imparato anche che cos’erano le battute, come funzionava il sistema editoriale compresa la pubblicazione. Ma c’è una cosa che contraddistingue lo scrittore: il sentimento. Si può essere anche bravi a scrivere, senza errori di battitura e quant’altro, ma chi mette nel proprio racconto il sentimento si riconosce subito. Non ce lo si può inventare, la scrittura è un qualcosa che ti devi sentire dentro e non c’è altro modo per farlo.

 

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