Decimomannu, la cabina elettrica diventa un’opera d’arte
Davide Falchi: «L’Albero della vita racconta un pezzo di storia di ciascun decimese. La passione me l’ha trasmessa mio padre»
Da qualche mese l’ingresso di Decimomannu ha un aspetto nuovo. Chi è passato in via San Sperate in questo ultimo periodo l’avrà sicuramente notato. Parliamo dell’opera L’albero della vita, realizzata dall’artista decimese Davide Falchi su entrambe le facciate della cabina elettrica dell’Enel. Un mosaico composto da oltre 150 mattonelle in ceramica donate dagli abitanti del paese. Da subito accolta con grande entusiasmo, l’opera è la prima del progetto Decimo Street Art promosso dal l’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Decimomannu.
Come è nato il progetto L’albero della vita e cosa rappresenta?
Il progetto è nato semplicemente dalla mia gran voglia di colorare Decimomannu ed è stato realizzato grazie al supporto della Sindaca Anna Paola Marongiu, che come sempre appoggia con entusiasmo iniziative artistiche e culturali di ogni genere. Inoltre, grazie a un programma di inclusione sociale seguito dall’Assessora Lidia Gioi, abbiamo coinvolto l’associazione Un raggio di sole con un sorriso che ha collaborato dall’inizio alla fine del progetto. Infine, è stato facile contattare E-Distribuzione (business line del Gruppo Enel, ndr) che in tutta Italia già da tempo promuove progetti di riqualificazione in chiave artistica delle proprie cabine elettriche.
La mia opera ha diversi significati. Ho voluto costruire un Albero della vita con dei “pezzi di vita”, ovverosia le mattonelle di oltre 150 decimesi; pezzi di ceramica che davvero “parlano”, ci raccontano la storia di una famiglia, di un bar, del negozio all’angolo, di una qualsiasi persona che ha avuto un rapporto con quel particolare pezzo di ceramica. Quindi l’opera è al contempo un murale e un insieme di storie, quindi anche un libro, un romanzo dei decimesi.
Il mio Albero è anche un museo a cielo aperto delle mattonelle, perché nel mosaico sono rappresentate tutte le tipologie e i formati classici di un excursus storico della ceramica da interni ed esterni che va dagli anni ’50 ai giorni nostri. E qui entra in gioco anche un discorso identitario: i colori delle mattonelle dei decimesi, quelli che più amarono, hanno riempito la tavolozza dell’artista.
Altro aspetto di cui parlare è quello dell’arte come veicolo di un messaggio ecologico, infatti varie mattonelle sono state trovate abbandonate nelle campagne decimesi. Inoltre, per le parti pittoriche dell’opera, sono state usate speciali tinte che letteralmente “mangiano” le polveri sottili; quindi il murale ha proprio una funzione vitale, è come avere un albero vero e proprio.
Non si può non notare, inoltre, che l’opera è pervasa da un senso di sacro e di spiritualità allo stato puro. Il mosaico principale nella facciata rivolta verso l’abitato, allo stesso tempo padre e madre generatrici degli “alberelli” sugli altri lati, con la sua maestà sembra un idolo da adorare di una tribù indigena, un collegamento con qualcosa di ultraterreno a cui rimandarsi. Anche sul lato che guarda la via San Sperate, una croce centrale dà un senso di edificio di culto cristiano. La mattonella raffigurante Sant’Ignazio da Laconi, sul lato dello svincolo, giace felice nella sua nicchietta. Si potrebbe chiedere di farlo diventare protettore delle cabine elettriche.
Però non mi bastava l’opera concettuale con tutti i suoi significati profondi e nascosti. Volevo fuochi d’artificio, effervescenza, elettricità nell’aria, volevo un albero che sembrasse danzare di gioia! Parole così legate all’iconografia dell’albero della vita come energia vitale, nascita, rigenerazione, fecondità, nella mia opera trionfano. Le mattonelle risplendono nel cielo, brillano, con tutti quei luccichii sembra che l’albero davvero viva, che voglia comunicare con il mondo.
Con ogni mia forza ho cercato, preteso e voluto la bellezza. Ed è solo ad opera finita che ho capito di averla trovata.
Quando è iniziata la tua passione per l’arte?
Sono nato con i colori in mano perché mio padre è artista, nonché professore di discipline artistiche. Lui mi ha trasmesso la passione per l’arte e da quando l’ho fatta mia non ho più smesso di creare.
Quale è stata la reazione dei decimesi rispetto alla tua opera? Ti aspettavi questo supporto?
In tutta sincerità, mi aspettavo che l’opera piacesse. Del resto, se metti un po’ di colore in un luogo grigio il successo è assicurato. E poi, lo so per esperienza, quasi sempre i murales vengono accolti molto favorevolmente. Ma questo grande successo davvero non me lo aspettavo. Non posso fare un giro nelle strade di Decimomannu senza essere accolto con una serie di “meraviglioso”, “bellissimo”, “fantastico” e simili. Tutti sono felici e mi ringraziano per aver regalato al paese colore e bellezza. La cosa davvero incredibile è che sui social network non ci sia stato neanche un commento anche vagamente negativo. Zero assoluto. E pensare che prima di iniziare l’opera, molte persone vicino a me dicevano: “Chissà le critiche…”
Ma il supporto che più ho apprezzato è stato quello materiale nei 40 giorni di performance che ci son voluti per finire l’opera, 30 dei quali in quel mese di luglio che, come noto, è stato il più caldo da quando si fanno le misurazioni della temperatura. Infatti il mio è anche un progetto di Arte Partecipata, non ce la avrei mai fatta senza l’aiuto in fase realizzativa del mio Collettivo (formato, oltre che dal sottoscritto, anche da altri tre decimesi: Davide Cuccu, Marchi Cucca e Daniele Montis). E poi, oltre alle 157 persone che mi hanno donato le mattonelle, c’è stato chi mi ha prestato il ponteggio o la casa per l’inaugurazione dell’opera, chi mi ha portato l’acqua tutti i giorni, chi ha incollato anche una sola mattonella, stuccato o pulito una parte di mosaico. Qualcuno ha dipinto un pezzo di muro, altri riordinato il cantiere. In tanti mi ha dato una mano in altri modi, foss’anche un po’ di compagnia oppure un grido di incoraggiamento mentre passavano in macchina.
Pensi che il Comune di Decimomannu abbia potenzialità per portare avanti progetti artistici come questo? Si può fare di più?
Stiamo già facendo tanto. Come ho già scritto e detto a più riprese in vari articoli e interviste, la mia è la prima opera del progetto Decimo Street Art, promosso dall’Amministrazione di Decimomannu e di cui io sono il direttore artistico, che prevede altri nove interventi in altrettanti muri del paese. Due murales saranno realizzati da altri due artisti decimesi: Francesco Soriga e Sara Abad; poi sarà la volta di altri sette artisti di fama nazionale e internazionale tra cui il primo, lo posso già anticipare, sarà lo street artist cagliaritano Federico Carta, in arte CRISA.
Cosa consiglieresti ad un giovane che voglia intraprendere un percorso artistico come il tuo?
Consiglierei di dedicare la propria vita all’arte senza perdere troppo tempo a promuoversi perché ad un vero artista non interessa diventare famoso, anche perché dà per scontato che un giorno gli verrà eretto un monumento. E poi l’arte è la cosa più meritocratica che esista, se vali prima o poi il successo è assicurato.
Progetti futuri?
Nell’arte, come nella vita, mi piace cambiare. Sempre. Infatti a breve pubblicherò un romanzo dal titolo Il vecchio falco, una mirabolante avventura di 21 amici toscani nel mondo del couch-surfing. Poi, come ho già detto, seguirò il progetto Decimo Street Art, e altri progetti curatoriali. Per quanto riguarda i murales ceramici, il prossimo lo farò a Barcellona. Mi piace l’idea di ispirarmi e confrontarmi con Gaudì, di andare a sfidarlo a casa sua. Bisogna essere ambiziosi, ecco un altro consiglio che mi sentirei di dare ad un giovane artista.
Francesca Matta