Eolico, il punto di vista delle aziende


La campagna mediatica contro la diffusione delle pale eoliche continua anche in questi giorni di vacanza. I comitati spontanei a favore della proposta di legge “Pratobello 2024” rinnovano gli appuntamenti per la raccolta delle firme e il numero delle adesioni cresce di giorno in giorno. Le diecimila sottoscrizioni necessarie sono state raggiunte in breve tempo e ora si punta alle 50 mila.

Le ragioni della protesta sono ormai note a tutti ma finora in pochi si sono soffermati a valutare le ragioni dell’altra parte in causa, ovvero le aziende che stanno investendo negli impianti.

Ne abbiamo parlato informalmente con un funzionario di una delle società interessate, che, in attesa dell’autorizzazione a rilasciare l’intervista, per il momento rimane anonimo.

Perché si stanno costruendo questi impianti?

Come è noto l’energia è un aspetto di primaria importanza per ogni Stato, a maggior ragione in un momento storico in cui l’instabilità internazionale ha portato a importanti cambiamenti, uno su tutti la perdita delle forniture dalla Russia. L’Italia, come ogni altro Paese, ha valutato diverse soluzioni alternative e una di queste riguarda la produzione di energia attraverso l’eolico.

La produzione di energia è proporzionata al fabbisogno isolano?

Investimenti di questo genere non riguardano il fabbisogno di una singola regione ma come minimo il sistema Paese. A questo si aggiunge che la progettazione di impianti deve rispettare alcuni parametri tra cui ad esempio la stabilità della fornitura e le probabili esigenze future.

Perché le amministrazioni locali non vengono coinvolte adeguatamente nella scelta delle aree idonee?

La scelta delle aree dipende dalle caratteristiche dell’impianto che si deve costruire: se determinate condizioni ci sono in un punto, come ad esempio frequenza dei venti o presenza di altre infrastrutture limitrofe, la scelta ricade li. Ogni azienda come la nostra sta impegnando importanti capitali e basa l’investimento su precisi business plan che prendono in considerazione tantissimi fattori, uno di questi è il tempo di rientro del capitale. Se dovessimo aspettare che ogni comunità decida quali zone sono idonee e quali no passerebbero anni. Quindi, semplicemente, o si fa a certe condizioni oppure non lo facciamo e investiamo altrove.

In tanti parlano di speculazione…

Siamo un’azienda privata, investiamo capitali e ci aspettiamo un ritorno. Un esterno non ha idea di quanti costi ci siano in impianti del genere e, complice un certo tipo di stampa, è portato a parlare di speculazione. Inoltre il mercato dell’energia, essendo di primaria importanza, in Italia è pesantemente vincolato ed è molto sbagliato pensare che le aziende possano fare quello che vogliono.



Perché lo Stato si rivolge ad aziende private?

Per vari motivi. Primo perché è ampiamente dimostrato che esternalizzare certi servizi è molto più conveniente dal punto di vista economico, della qualità del servizio e dei tempi di realizzazione. Secondo, in questo specifico ambito, l’Italia non ha tutte le competenze necessarie e dovrebbe comunque affidarsi ad un privato ma i costi in questo caso sarebbero molto alti e i risultati, visto che si dovrebbero unire persone, esperienze e modi di lavorare diversi, non sarebbero comunque paragonabili.

L’eolico è l’unica soluzione?

Assolutamente no. Il nostro Paese è particolarmente vincolato al gas e si sta muovendo verso le rinnovabili ma ci sono diverse tecnologie alternative ben più sicure ed efficienti. Tante di queste però ad oggi sono vantaggiose solo sulla carta perché considerando un reale impiego mostrano ancora limiti che fanno optare gli investitori verso soluzioni più affidabili.

Ad esempio?

Le soluzioni ad idrogeno stanno facendo importanti passi in avanti ma la verità è che considerando tutto oggi la tecnologia migliore resta il nucleare. Purtroppo in Italia è vietato parlarne, regna la disinformazione e le persone sono contrarie a prescindere. Ma poi queste scelte si pagano in altri modi, ad esempio con le pale eoliche.

Carlo Manca

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