Federico Incani, il decimese sopravvissuto dopo l’incidente in moto sulla SS130


Parla Federico Incani, il 33enne di Decimomannu che il 21 maggio scorso è sopravvissuto dopo essere rimasto coinvolto in uno scontro tra la moto che guidava e un’auto. A differenza di altri centauri che hanno perso la vita nelle strade sarde durante i mesi estivi, lui è tra i pochi che si sono salvati: «Un numero sorprendentemente alto di persone che ho avuto modo di sentire sono felici di sentirmi, perché nessuno si sarebbe aspettato che ne sarei uscito vivo nonostante avessi tutte le protezioni. Tanta umanità e interessamento che mi danno fiducia nel futuro e forza per andare avanti». 

Era una mezza mattina di fine maggio quando Incani stava percorrendo la Statale 130 in direzione Cagliari. Da due giorni era sbarcato in Sardegna. Il viaggio era iniziato da Zurigo, dove risiedeva da tempo, in sella alla sua Panigale rossa. Un viaggio emozionante che ha avuto uno spiacevole epilogo: «Martedì 21 la mia vita è cambiata per un errore umano in una frazione di secondo. Ero alla guida della mia Ducati, circa a metà del lungo rettilineo tra il secondo semaforo di Assemini e quello di Elmas».

Un uomo alla guida di una Golf, nell’atto di sorpassare un’altra auto, non si è accorto del sopraggiungere della due ruote trovandosela al suo fianco sinistro. L’impatto è stato inevitabile: la Ducati è stata sbalzata via terminando la sua corsa dopo 33 metri e restando in bilico sopra il doppio guardrail. Incani è finito sull’asfalto, inerme: «Un angelo custode di nome Christian mi ha soccorso per primo e nelle settimane successive ha testimoniato a mio favore».

Subito dopo la corsa in ospedale, il reparto di chirurgia e la prognosi riservata: «Non sono arrabbiato nonostante non ci sia stato interessamento nei miei confronti da parte di chi ha commesso l’errore. Neanche un messaggio di scuse». Le tre settimane in ospedale sono state interminabili e difficili: «Ho subìto un intervento durato 7 ore. Non c’ero di testa per via dei traumi cranici. Tentavo di scappare dalla stanza dell’ospedale. Non avevo consapevolezza di chi fossi e non ricordavo nulla della mia vita passata». Una volta a casa i suoi cari hanno dovuto fare immani sacrifici, standogli vicino 24 ore su 24: «Ciò mi ha fatto rendere conto anche di quanto il lavoro del personale ospedaliero, nel mio caso del Brotzu, sia difficile. Ringrazio tutti per la grande umanità e spirito di sacrificio». 

A distanza di più di tre mesi Incani è ancora alle prese con i postumi dell’incidente. Ma ha voluto raccontare la sua storia perché, in uno scenario estivo in cui hanno perso la vita molti centauri, si può reputare fortunato: «Le mie condizioni di salute – racconta – sono ancora precarie. Ma sono vivo, e questo è di per sé un miracolo». Ogni sera lo aspettano 60 minuti di fisioterapia per recuperare la mobilità persa: «Oltre al danno fisico che ha creato difficoltà motorie va ad aggiungersi il danno mentale. La mia vita è stata stravolta, ma il percorso psicologico mi sta aiutando». 

Incani è soddisfatto anche per il fatto che gli accertamenti del Corpo di Polizia di Sanluri gli abbiano dato ragione: «Sono in possesso del verbale nel quale si evince che la responsabilità non era mia. Un magra consolazione? No, una soddisfazione anche in nome degli altri centauri che, quando sono coinvolti in un incidente, vengono sempre additati come responsabili. Questo succede senza nemmeno conoscere le dinamiche». 

Nonostante la riconoscenza Incani non dimenticherà mai quel preciso istante in cui il mezzo gli è piombato addosso: «La mia vita – conclude – mi è passata davanti in un lampo. Il terrore davanti agli occhi, le luci dell’ambulanza e della sala operatoria, i dolori post operazione sono i ricordi indelebili che mi accompagneranno per tutta la mia esistenza». 

 

Sara Saiu

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