Gigi Riva, eterna leggenda e uomo-simbolo dello scudetto
Un mito, una leggenda, per chi mescola il sacro col profano addirittura un semidio. Questo è per tutti gli amanti del calcio, ma in particolare per i tifosi del Cagliari, Gigi Riva, per tutti Rombo di Tuono. Così lo soprannominò il compianto Gianni Brera per sottolineare la potenza del suo sinistro e il boato prodotto dall’impatto del suo piede mancino col pallone. Dotato di gran fisico, coraggioso, fortissimo in acrobazia, aveva infatti un sinistro devastante che scaricava in corsa e da fermo con effetti micidiali.
Scriviamo di lui proprio l’11 aprile, come quel numero 11 che lo ha contraddistinto per l’intera carriera. Il Cagliari Calcio ha ritirato la sua maglia, per celebrarlo e onorarlo per sempre, in una fredda serata di febbraio del 2005. Al Sant’Elia era di scena l’amichevole Italia-Russia, fu una celebrazione indimenticabile perché erano con lui, sul campo, tanti ex compagni ed eroi dello scudetto ed attorno a lui, ad applaudirlo, c’era uno stadio intero. Ma è stata soprattutto una serata simbolica perché in campo c’era l’azzurro a cui Riva ha dato tantissimo. Come lui, nessuno mai: 35 gol in 42 presenze, record tutt’ora imbattuto. E ancora, l’Europeo conquistato a Roma nel 1968 con un gol in finale contro la Jugoslavia e lo straordinario Mondiale di Messico ‘70, dove solo il Brasile di Pelè, quasi imbattibile, ebbe la meglio sugli azzurri.
Innamorato della Sardegna, anche se a diciott’anni non era particolarmente convinto di trasferirsi in un’isola all’epoca considerata sperduta, si è stabilito definitivamente nel capoluogo sardo al termine della carriera. A Cagliari lo hanno incontrato in tanti, almeno una volta, a passeggio tra via Paoli e via Dante, oppure nel ristorante della Marina dove da sempre, in solitaria, gusta succulente specialità di pesce. Una solitudine e un silenzio che il “mito” ha scelto volontariamente. Un uomo amato dal grande pubblico, da sempre e per sempre schivo e riservato, che evita la luce dei riflettori anche se le luci su di lui sono sempre, in qualche modo, puntate e sempre lo saranno. Un carattere particolare, tante debolezze, qualche momento personale difficile. Sfumature quasi sconosciute di un mito, o forse semplicemente taciute dai più per non scalfire, anche solo in minima parte, l’invincibilità di Rombo di Tuono.
Luigi Riva nasce a Leggiuno il 7 novembre 1944 da mamma Edis e papà Ugo, che perde all’età di soli nove anni. Trascorre l’adolescenza in un collegio religioso, lontano da casa, e quando perde anche la madre viene accudito e cresciuto dalla sorella Fausta. Ha poche disponibilità economiche, Gigi, ma un destino luminoso ad attenderlo. Dopo le prime partite nei campetti di periferia attorno a Leggiuno, gioca i primi campionati degni di tale nome col Laveno Mombello. Esordisce col Legnano, in Serie C, nel 1962 e in una stagione colleziona 23 presenze e 6 gol.
Nel 1963 l’approdo in Sardegna, dopo esser stato strappato alla concorrenza per 37 milioni di lire. Un impatto non certo facile. Si affacciava pensieroso e malinconico dalla finestra dell’albergo che lo ospitava nei suoi primi giorni in città, pensava di essere arrivato in un lontanissimo Sud da cui poter scorgere le luci dell’Africa. In realtà erano solo le ciminiere della Saras di Sarroch, che da circa un anno rappresentava un importante polo industriale per l’Isola e dava lavoro e prospettive future a tantissimi sardi.
La malinconia che pervade Gigi fuori dal campo si tramuta in caparbietà, coraggio e spavalderia dentro il rettangolo verde. Ad appena 19 anni, Riva carica sulle sue spalle il Cagliari che milita in Serie B, diventando uno degli artefici della prima, storica promozione dei sardi nel massimo campionato. Dal 1965-66 al 1969-70 va sempre, ininterrottamente in doppia cifra. Si laurea capocannoniere nel 1966-67, anno del primo, grave infortunio patito in Nazionale, durante il quale mette a segno 18 gol. Realizza più gol di tutti, rispettivamente 20 e 21, anche nel 1968-69 e nel 1969-70, anno del mitico scudetto. Nel 1969 Riva arriva secondo nella classifica del Pallone d’oro, alle spalle di Gianni Rivera, per soli quattro voti e nel 1970 è terzo dietro Gerd Müller e Bobby Moore.
Arriviamo così alla stagione tricolore. Una cavalcata straordinaria che consente a Gigi Riva, già considerato il più grande attaccante italiano del dopoguerra, di diventare leggenda per una regione intera. Terminale offensivo di una squadra straordinaria, diventa capocannoniere del torneo con 21 reti in 25 partite, mettendo a segno gol fondamentali per il trionfo finale su quasi tutti i campi d’Italia. È decisivo anche nel Cagliari-Bari 2-0 che consente alla squadra di Scopigno di laurearsi campione d’Italia con due giornate d’anticipo, mettendo in rete la palla che sblocca il punteggio al 39° del primo tempo. «Il segreto dei nostri successi è che ci volevamo e ci vogliamo bene. – dichiarò commosso in occasione del quarantennale dello scudetto – Eravamo uniti, una cosa sola. Se toccavano uno di noi, tutti gli altri scattavano come una molla». Il segreto del successo fu proprio l’unità d’intenti e la forza del gruppo. Ma l’attore principale era lui, un protagonista che ha interpretato forse la sua scena migliore a Vicenza con una spettacolare rovesciata che i tifosi non hanno mai dimenticato. «Quello scudetto vale più di dieci titoli di Juventus, Milan o Inter» è una delle frasi del mito che attribuisce un valore inestimabile allo scudetto del Cagliari.
Nel campionato post-tricolore, subisce un grave infortunio giocando in Nazionale, contro l’Austria, al “Prater” di Vienna. Frattura del perone della gamba destra, questo il drammatico responso degli esami clinici dopo l’intervento-killer del difensore austriaco Norbert Hof. In qualche modo è l’inizio del declino del Cagliari, che senza i gol di Riva non riesce a bissare il successo in campionato e viene eliminato dalla Coppa dei Campioni.
Rientrato dall’infortunio, Riva gioca ad alto livello le stagioni 1972-73 (12 reti) e 1973-74 (15 reti). Ma il Cagliari è ormai un lontano parente di quello che ha dominato la stagione tricolore. Altri gravi infortuni compromettono quasi interamente il campionato 1974-75, nel quale Gigi Riva disputa solo 8 incontri e segna appena 2 reti. Rimane al Cagliari fino al 1975-76, ed è proprio il 1° febbraio 1976 che, in un brutto contrasto col difensore del Milan, Aldo Bet, subisce un grave strappo muscolare all’adduttore della coscia destra che ne sancisce, di fatto, la fine della carriera. Tenta di recuperare, il caparbio Rombo di Tuono, ma i tentativi sono vani. Abbandona il calcio giocato ad appena 31 anni, dopo aver messo a segno 156 gol in 289 presenze in Serie A, 33 reti in 42 incontri di Coppa Italia e 4 marcature nelle 6 partite disputate col Cagliari nelle Coppe europee. È ancora oggi il miglior marcatore assoluto nella storia del Cagliari.
Ma oltre i numeri, importanti e forse ineguagliabili, è la fedeltà alla causa rossoblù ad aver reso Gigi Riva una leggenda. Richiesto più volte dalle “big” del Nord, (soprattutto la Juventus che offrì un miliardo di lire), Riva ha dichiarato ripetutamente di non voler lasciare la Sardegna. Nel 1973 il passaggio sembrava chiuso, ma Riva non accettò, per l’ennesima volta: «Rifiutai con rabbia. Mi avevano ceduto senza interpellarmi, come una bestia. Da qui non me ne vado, dissi, prendo un bel chiodo e ci appendo le scarpette».
Al termine della carriera, stabilitosi a Cagliari, Riva tra le altre cose si è dedicato a promuovere l’attività calcistica tra i giovani fondando la scuola calcio che porta il suo nome. Si è affacciato nuovamente nel “mondo Cagliari” nel 1986-87 quando ha ricoperto, per pochi mesi, la carica di Presidente del Club.
Nel 1990 è stato ingaggiato dalla FIGC come dirigente accompagnatore della Nazionale; ha poi svolto il ruolo di team manager azzurro fino al maggio 2013. Ha ottenuto il grande riconoscimento rappresentato dal Collare d’oro al merito sportivo, ricevuto dal presidente del Coni Giovanni Malagò davanti al pubblico del Sant’Elia il 12 febbraio 2017. Il 18 dicembre 2019 è stato nominato Presidente onorario del Cagliari dal patron rossoblù Tommaso Giulini.
Il Cagliari lo ha inserito nella sua Hall of Fame. I tifosi rossoblù lo hanno votato come miglior calciatore nella Top 11 Rossoblù – I più forti di sempre.
Nel maggio 2015, a Roma, è stata inserita una targa a lui dedicata nella Walk of Fame dello sport italiano, riservata agli ex atleti italiani che si sono maggiormente distinti con le loro prestazioni in campo internazionale.
Luca Pes