Ignazio Cabiddu, professione ultimo barbiere!

di Sandro Bandu

Secondo la legge 17 entrata in vigore nel 2005, oggi, per potersi fregiare del titolo di acconciatore, bisogna conseguire un’apposita abilitazione previo esame teorico-pratico preceduto da un percorso formativo. E già, ormai da più di dieci anni è sparito il termine barbiere con il quale veniva indicata una professione ben precisa: ergo, attualmente, i discendenti di Figaro bisogna chiamarli così: acconciatori.

Il salone di Ignazio Cabiddu in piena attività
Il salone di Ignazio Cabiddu in piena attività

Ma a Decimo c’è un attempato signore che resiste e che ancora si identifica con il termine desueto di barbiere. Parliamo di Ignazio Cabiddu che, alla veneranda di 65 anni, ogni mattina solleva ancora imperterrito la serranda del salone di via Stazione. Ignazio Cabiddu è un personaggio famoso a Decimo, proprio grazie alla sua professione. Sempre pacato, gentile e professionale, accoglie i clienti nel suo salone mettendoli a proprio agio.

Un giovanissimo Ignazio Cabiddu agli esordi della carriera
Un giovanissimo Ignazio Cabiddu agli esordi della carriera

Certo, qualcuno rimpiange lo storico salone di corso Umberto, dove per decenni sono stati serviti praticamente tutti i decimesi almeno una volta nella loro vita. Io stesso ho trascorso varie mattinate in quel salone, dove da ragazzo, ancora studente, potevo occupare una sedia anche solo per leggere il giornale, giocare a dama o scambiare quattro chiacchiere, soprattutto di calcio, con tanti altri amici. Per Ignazio tutto ciò era normale: dall’esterno il salone sembrava sempre super affollato, e capitava spesso che qualcuno, sbirciando dalla vetrina quasi sempre appannata, non entrasse a servirsi perché pensava che avrebbe aspettato troppo a lungo il proprio turno.

Erano altri tempi: erano periodi in cui si andava dal barbiere anche solo per confidarsi, e qui Ignazio era impareggiabile. Nonostante nel salone regnasse il marasma più totale, lui, mentre serviva un cliente, si avvicina al suo orecchio e instaurava un dialogo, e tutto questo avveniva davanti a tutti, ma nessuno, naturalmente, era in grado di sentire ciò che i due si raccontavano. In barberia si andava anche per sapere, per sentire le novità del paese, quelli che oggi a livello internazionale si chiamano gossip o petteghelezzi nella nostra lingua o trodiusu nel nostro dialetto.

Ma dal barbiere si andava anche se si aveva la necessità di divulgare una notizia importante, che diventasse di dominio pubblico nel giro di poche ore, e allora non c’era altro sistema che andare da Ignazio. Altro che internet!!

Ignazio, quando hai iniziato la tua carriera?
“Avevo appena 14 anni quando mio padre mi mandò a fare l’apprendistato da Sotero Sarigu, in via Stazione. Certo, all’inizio, noi giovani apprendisti venivamo utilizzati per tutt’altro: in primis si spazzava e si teneva pulito il salone. Prima di fare le prime barbe passò un bel po’ di tempo; l’addestramento consisteva nell’insaponare un palloncino: se per sfortuna questo esplodeva mentre appoggiavi il rasoio, partivano delle vere e proprie sberle. Allora si imparava sul campo, non esistevano i corsi formativi di oggi”.

Poi…
“Avevo appena 18 anni quando ho inaugurato il mio salone nel corso Umberto, che è rimasto aperto per ben 37 anni”.

Oggi quasi nessuno fa le barbe.
“Sì, ormai i saloni si dedicano alle acconciature e alle pettinature dei capelli, spesso sono dei veri e propri saloni di bellezza”.

Come va oggi la tua attività?
“È tutto più difficile: il nostro è un salone unisex e ci lavoriamo in tre. Oltre al sottoscritto, vi è mia figlia che lavora sulle donne, inoltre viene a darmi una mano mio nipote Stefano che lavora con me da oltre dieci anni. Noi siamo tutti in regola con le attestazioni e le abilitazioni. Ma in questo settore non si contano gli abusivi che lavorano nelle case dei clienti e possono permettersi di fare prezzi stacciati proprio perché non pagano le tasse”.

Vi è anche la concorrenza dei cinesi…
“Sì, anche quella. È una concorrenza veramente sleale, perché lavorano al ribasso usando, però, dei prodotti strani e altamente tossici: so di persone che hanno contratto delle malattie al capo e di altre che hanno subito delle bruciature ai capelli o, addirittura, delle ustioni alla cute”.

Questa concorrenza vi costringe ad aggiornamenti continui.
“Sì, questo è vero. La concorrenza leale, quella dei saloni in regola, forse non è un male e ci costringe ad aggiornamenti continui. Infatti, Stefano ha frequentato vari corsi e ha raggiunto un notevole grado di professionalità. Inoltre da noi si possono acquistare anche prodotti di qualità inerenti al nostro settore, come le ultimissime piastre GHD”.

Vulcano n° 89

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