La poesia al tempo dei social. Carlo Lai presenta il suo “Trattato di Feislosofia, Filoselfia e raccolta di post-esie”
di Carmen Corda
A mio padre, che mi ha insegnato, nel rigore, a giocare con le parole.
Con questa dedica si apre la prima opera di Carlo Lai, scrittore dilettante nel senso proprio del termine: scrive perché ama farlo, per diletto.
Il libro è costituito dai post da lui pubblicati su Facebook dal 2012 al 2017.
Nella finzione narrativa di Lai sono ben tre le persone che si alternano sul suo profilo, tre personaggi – di cui si definisce padre e figlio al tempo stesso – che forse corrispondono a tre diversi modi di declinare sé stesso, ma anche rappresentativi di tre tipologie di utenti social: Carlo Lai, «cinghiale errante nell’Ovunque Sardo, il filosofo di Facebook Charles Delay, e il Menestrello Burdo, cantore di profonde superficialità sociali e individuali».
È forse quest’ultimo il personaggio che desta più curiosità, e forse anche quello che somiglia di più a ciascuno di noi: «è un dissacratore, è capace di affrontare temi importanti e profondi, come l’amore e la vita, valorizzandoli con un’ironia dissacrante».
Rende gli uomini incivili
quel silenzio immorale
che regna negli ovili
subito dopo il Natale.
Ma la pronta redenzione
Si raggiunge in tutta fretta
Se, di arrosto, una porzione
è a portata di forchetta.
(Ipocrisie carnivore, Il Menestrello Burdo)
Facebook, la piazza più affollata del mondo che tutti criticano ma nella quale in pochi riescono a fare a meno di stare, è nata in origine con lo scopo di lanciare una nuova rete sociale dedicata al mondo universitario statunitense, poi nella sua diffusione ed evoluzione si è arricchita (?) di significati diversi fino a divenire palcoscenico ma anche tribunale, di chiunque e per chiunque. Un luogo “virtuale” a detta di molti ma, al contrario, trionfo della realtà per Carlo Lai che sostiene che «in realtà di virtuale c’è molto poco, perché dietro la tastiera c’è sempre una persona che scrive».
Carlo Lai riconosce a Facebook un segno positivo e un altissimo potenziale comunicativo, perché consente di potersi esprimere in piena libertà. Si definisce un “silente esternatore” che ama scrivere, e chi scrive sa che la scrittura richiede solitudine, altra forza positiva, perché bisogna «ambire alla solitudine per stare bene con gli altri», a quella solitudine che è soprattutto dedizione a sé stessi.
E nel dedicarci a noi stessi spesso ci ri-scopriamo liberi. Questo è il libro di Carlo Lai, un esercizio di introspezione in libertà.