Le prigioni di san Saturno

Importante documento inedito scoperto da un ricercatore decimese

di Antonello Secci

La Basilica di san Saturno (= san Saturnino) è uno dei luoghi più cari e sacri ai cagliaritani, e non solo. Tutto si è detto su questa basilica paleocristiana, sul martirio di san Saturnino nel 304 d.C. e sul rinvenimento dei Corpi Santi del 1614. Dicevamo, tutto si pensava fosse scritto e detto, ma forse non è proprio così.

Fondo notarile Baldassarre Mereu, atti notori legati, vol.1386, foglio 507 retro. La città di Cagliari (Ciudad de Caller) è riportata nei righi IV e V (sottolineati); nel rigo VI (sottolineato) vengono espressamente citate le prigioni di san Saturno (las Presons de Sn. Sadorro). Immagine pubblicata su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Archivio di Stato di Cagliari, autorizz. N. 1479 del 25 novembre 2009.
N.B. è vietata la riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo del documento.

Tutti gli studiosi da due secoli a questa parte, dal Manno allo Spano, dal Della Marmora allo Scano, dall’Angius al Taramelli, dal Delogu alla Serra, dalla Kirova a Maltese, da Ingegno a Coroneo, hanno sempre citato le carceri di San Pancrazio e dell’Elefante. Per oltre cinque secoli le carceri delle due torri, soprattutto quella di san Pancrazio, ospitarono detenuti, praticamente sino alla fine dell’800, quando si provvide (1896) a trasferire gli ultimi 600 detenuti nelle nuove carceri di Buoncammino non ancora ultimate. Questo fu costruito fra il 1887 ed il 1897 incorporando il precedente carcere sussidiario costruito nel 1855 dall’ing. Imeroni. Nessuno, pare, aveva mai trovato documenti relativi ad altre località del capoluogo utilizzate come prigione, almeno per il XVIII secolo. La scoperta si deve ad un ricercatore decimese che da anni vive a Villaspeciosa, Vincenzo Sanna, il quale, durante la consultazione del voluminoso fondo notarile Baldassarre Mereu, atti notori legati, ha scoperto una nota che pubblichiamo a parte e nella quale viene citata senza ombra di dubbio la prigione di san Saturno, presumibilmente localizzata nei vani adiacenti alla basilica del santo patrono di Cagliari. Sappiamo che (cfr. Tatiana Kirova) a seguito della concessione nel 1714 della basilica alla corporazione dei medici e speziali, furono aggiunti nuovi ambienti esterni addossati al prospetto sud. La corporazione si assunse l’onere di eseguire i lavori di adattamento consistenti in particolare nell’erezione dei muri di tamponamento, nella chiusura dell’abside e nel rivestimento esterno della cupola con manto e piastrelle in cotto maiolicato. Di tali lavori di restauro abbiamo notizie in una allocuzione del 1889, pronunciata in occasione della riapertura della basilica al culto. Però, oltre a questo, non risultano altre notizie. Un indizio potrebbe venire da un antico toponimo ormai scomparso dalle carte topografiche, su campu ‘e s’arrollu, un tempo localizzato fra la basilica e il cimitero di Bonaria, (arrollai è un termine campidanese in disuso che significa anche rinchiudere nel chiuso circolare, forse usato per il bestiame, ma non è detto). A parte ciò, niente di niente. Abbiamo voluto saperne di più direttamente da Vincenzo.

E allora Vincenzo, come hai fatto a scoprire questo documento, fra l’altro scritto in spagnolo, spesso difficilmente traducibile?
“Ormai da diversi anni sto cercando di ricostruire l’albero genealogico della mia famiglia che ha ampie diramazioni nel cagliaritano e comprende in particolare le famiglie Sanna, Collu, Usai, Mostallino, Mattana, Falqui, Farci, Olives, Zanda, Mandas, Roger, ecc., a incominciare dagli inizi del ‘600 fino ai giorni nostri. Lavoro faticoso ma gratificante visti i risultati ottenuti consultando innumerevoli faldoni dell’archivio della Curia Arcivescovile e dell’Archivio di Stato di Cagliari”.

Un lavoro prezioso ma che richiede una memoria eccezionale. Non è certamente facile ricostruire tutti i collegamenti familiari attraverso i secoli.
Beh, effettivamente ho una buona memoria e sono in grado di ricostruire dettagliatamente tutti i collegamenti e gli intrecci delle diverse famiglie nei secoli”

Allora veniamo al dunque, di cosa tratta il documento da te rinvenuto?
Consultando il fondo notarile Baldassarre Mereu n. 1386, atti notori legati – dal foglio 507 al foglio 510 – del 26 febbraio 1714, ho scoperto un atto che parlava della transazione fra le sorelle Maria Monserrata e Antonia Frachi e i rispettivi mariti Salvador Trunqueddu e Sisini Puxeddu (a quei tempi le donne dovevano obbligatoriamente essere assistite dal marito e, se vedove, da un procuratore). Si badi bene che il cognome Trunqueddu è spesso associato al cognome Olives o/e Alivesi e Frachi ai cognomi Fracci/ Farci o Falchi/ Falqui. Maria Monserrata cedette una casetta alla sorella Antonia ottenendo in cambio di un appezzamento di terreno. Il terreno, assieme ad un altro di sua proprietà, erano destinati ad essere venduti per pagare i debiti contratti durante la prigionia del marito Salvador Trunqueddu e del figlio. Ecco che spunta il luogo di detenzione dei familiari, ovvero il carcere di san Saturno in Cagliari. Secondo me le carceri furono costruite fra il 1669 e il 1714 nelle aree liberate dalla demolizione dei bracci nord e sud della basilica. Fra l’altro il materiale demolito fu utilizzato per ristrutturare la cattedrale di Cagliari. E sicuramente le demolizioni continuarono, perché, da un ritratto di Cagliari eseguito qualche tempo dopo l’assedio francese del 1793, la basilica risulta priva di opere murarie esterne e appare esclusivamente la struttura centrale. Questo presumibilmente può spiegare perché non ne sono state rinvenute tracce delle prigioni”.

Notizie interessantiVincenzo, ma non è proprio nel 1714 che la basilica di san Saturnino fu dedicata ai santi Cosma e Damiano?
Precisamente. La concessione alla corporazione dei medici e speziali (=farmacisti) fu fatta nel 1714 ma in data successiva all’atto da me rinvenuto. Infatti l’atto che riporta la prigione di san Saturno risale al 26 febbraio, mentre l’intitolazione ai santi Cosma e Damiano risale al 13 novembre 1714. Per inciso, la corporazione si estinse nel 1928. Ricordo che la basilica di san Saturnino divenne monumento storico nel 1939. A seguito del bombardamento del 1943 subì notevoli danni, fu restaurata da Raffaello Delogu fra il 1949 e il 1952, e fu riconsacrata al culto il 28 ottobre 2004 in occasione del 17° centenario del martirio del santo”.

Già, eravamo a conoscenza dei lavori eseguiti dal Delogu e prima di lui dal Taramelli e da Dionigi Scano, ma nei loro lavori di ristrutturazione e di recupero non appaiono notizie che possano far riferimento a vani adibiti a carceri. Ripetiamo, fino a prova contraria, ci pare una notizia inedita di estrema importanza. Grazie Vincenzo per averci dato la notizia in anteprima. Hai qualche ringraziamento particolare da fare?
“Certamente, ho avuto l’aiuto disinteressato di amici e studiosi. In particolare desidero ringraziare Aldo Pillitu e Franco Cominu, oltre ovviamente la direttrice dell’Archivio di Stato, dott.ssa Marinella Ferrai Cocco Ortu, la dott.ssa Carla Marongiu e la direttrice della sala studio dello stesso Archivio dott.ssa Adriana Gallistru”.

Grazie ancora Vincenzo, ora aspettiamo la pubblicazione relativa al tuo albero genealogico che sicuramente sarà utile alle famiglie che hanno fatto la storia di Assemini, Decimomannu e paesi viciniori in questi ultimi secoli.

Vulcano n° 64

 

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