Live Aid, mega concerto rock per la vita
Stadio londinese di Wembley e JFK Stadium di Filadelfia. Il 13 luglio 1985 va in scena il più emozionante concerto benefico che la storia mediatica della musica ricordi. Due continenti in diretta tv. Phil Collins – cantante percussionista dei Genesis e vero jolly di «Live Aid» – riuscì, niente poco di meno, a essere lo stesso giorno (dopo aver preso l’aereo supersonico Concorde, sic!) sul palco di Londra e su quello della città americana. Alla fine di tutto il maxi show a favore dell’Etiopia fu uno spaccato straordinario della musica del tempo.
di Tonino Uscidda
«Nel 1984 – racconta il musicista dublinese, ex leader dei Boomtown Rats Bob Geldof – vidi in televisione un documentario sui bambini che morivano di fame in Africa e mi chiesi cos’è che potevo fare. La prima cosa che mi venne in mente è che tutti noi possiamo usare le nostre capacità per fare qualcosa senza guadagnarci. Cominciai – ricorda il piccolo grande uomo che organizzò il gigantesco evento mondiale insieme a Midge Ure cantante chitarrista scozzese degli Ultravox – scrivendo una canzone e poi chiamai altri musicisti. Alla fine (l’era dei social network era ancora molto lontana, ndr) fu un contagio e dopo pochi mesi si arrivò al concerto».
Una di quelle idee pazze che talvolta fanno ridere ma – per una qualche alchimia nelle coscienze – possono condurre ad un risultato insperato.
E fu quello che accadde, compresa la raccolta complessiva di denaro (il fine più importante) tra i 40 e i 50 milioni di sterline: oggi di 150 milioni, 100 miliardi (!) di vecchie lire. La preghiera di Bob alla gente di mandare, tanti, tanti quattrini aveva sortito il suo effetto. «Otto settimane prima del concerto – aveva accusato Geldof, candidato al premio Nobel per la pace nel dopo Live Aid – la Cee aveva buttato via trenta milioni di franchi distruggendo due milioni di tonnellate di frutta e verdura. La vergogna.., la vergogna, la vergogna!».
Il Live Aid Concert – a favore della popolazione etiope martoriata dalla carestia – prese avvio a Londra a mezzogiorno del 13 luglio, quando ancora l’America dormiva quietamente all’alba di un sabato (in Italia era l’una). Una memorabile diretta TV permise ben sei ore ininterrotte di musica: una complessità tecnica di trasmissione (furono usati 14 satelliti artificiali per coprire il mondo intero) che non sorti particolari problemi per oltre un miliardo e mezzo di spettatori. A metà evento, secondo Billy Connolly, attore e musicista scozzese, il 95% delle televisioni mondiali era sintonizzato sul maxi concerto dei record (!)
La nostra TV nazionale coprì per intero l’happening musicale con il collegamento televisivo su Rai tre e uno radiofonico su Raistereouno, con tre conduttori in comune. Rai che provvide anche a segnalare un conto corrente, al quale inviare aiuti economici per le popolazioni colpite dalla fame. L’Italia non mancò il servizio d’informazione e beneficenza ma fu, dal punto di vista musicale, desolatamente assente. Se si pensa che salirono sui palchi anche artisti austriaci, tedeschi, jugoslavi e perfino russi..; ‘‘Zucchero’’, al tempo Adelmo Fornaciari (sic, ndr), non era ancora apparso sulla scena rock mondiale. Comunque non si può nascondere che, forse anche per via della moltitudine di artisti partecipanti, molte performance furono imbarazzanti.
L’allora monumentale Wembley Stadium di Londra con la sue 72 mila persone presenti ospitò – cosa mai vista – la crema del rock britannico: Paul Mc Cartney, David Bowie, Elton John, Phil Collins, Elvis Costello, Bryan Ferry, George Michael, Duran Duran, Sting, Who (ricostituitisi per l’occasione), Led Zeppelin, Queen, U2 agli esordi e decine di ‘’stelle’’ che poi nel gran finale (dopo ben dieci ore di spettacolo ininterrotto) intonarono insieme all’ideatore di ‘’Live Aid’’, l’irlandese Geldof, l’indimenticabile canzone manifesto «Do They Know It’s Christmas?», disco singolo (scritto dallo stesso Geldof e da Ure, edito sul finire del 1984) che fu l’inizio di tutto.
L’altro gran finale (per via del fuso orario) fu affidato ai cugini americani con – l’inglese, sic! – Mick Jagger dei Rolling Stones a scatenare da par suo la platea insieme alla bella e brava Tina Turner: un crescendo entusiasmante da ricordare.
A quel punto, per chiudere il più grande spettacolo della storia del rock e della televisione, mancava solo Bob Dylan che si esibì – invitato dal noto attore Jack Nicholson – con chitarra e armonica. Fu un momento di alta commozione con il maestro di Duluth che cantò «The Ballad of Hollis Brown», ispirata ad una tragedia con protagonista ancora la fame.
Il clou fu invece superato quando tutte insieme le star intonarono «We Are The World», noi siamo il mondo, canzone scritta da Michael Jackson e Lionel Ritchie. Quei 30 minuti intensi interpretati da Jagger, Tina Turner, Bob Dylan, Neil Young, Joan Baez, Madonna, Beach Boys, Phil Collins, Eric Clapton, Keith Richard e Ron Wood degli Stones ecc. rimarranno tra le più belle testimonianze musicali della cultura rock.
Vulcano n° 85