Niccolai e Tomasini, pilastri di una difesa d’acciaio
Una coppia super, i pilastri difensivi del Cagliari dello scudetto. Coloro che, forse più di tutti, hanno permesso alla squadra Campione d’Italia di subire soli 11 gol in 30 partite (record tutt’ora imbattuto). Parliamo di Comunardo Niccolai, professione stopper, e Beppe Tomasini, libero specialista (anche se la sua non fu una stagione particolarmente fortunata…)
Comunardo Niccolai
Lo associamo in automatico alla parola “autogol”. Anche se, a dire il vero, Comunardo Niccolai non ne ha realizzato tantissimi: solo cinque, che lo collocano attualmente al quattordicesimo posto in questa particolare classifica. Ma le sue autoreti erano talmente insolite e spettacolari da renderle indimenticabili. Forse le più famose sono quelle contro la Juventus nel match scudetto, quando anticipò Albertosi con un colpo di testa, e un “tentato autogol”, il clamoroso tiro verso la sua porta (scagliato per protesta, pensava infatti che l’arbitro gli avesse fischiato un fallo contro, ndr) contro il Catanzaro, stoppato con le mani da Brugnera, che sfociò in un rigore. Ma non se n’è mai fatto un cruccio: «All’inizio me la prendevo, oggi ci sorrido. – dichiarò in un’intervista a Cuore Rossoblù – Dopotutto, quanti sono i giocatori che vengono ricordati una volta finita la carriera? Così anche i giovani si ricordano di me».
Curiosa l’origine del suo nome: il padre Lorenzo, ex portiere del Livorno, era un convinto antifascista e lo chiamò “Comunardo” in onore della Comune di Parigi. La madre, non molto convinta della scelta, lo ha sempre chiamato “Silvano”, mentre per tutti i compagni è sempre stato Nicco.
Nato a Uzzano, in provincia di Pistoia, il 15 dicembre 1946, ha interpretato alla perfezione il ruolo di stopper, un marcatore che oggi comunemente chiamiamo “difensore centrale”. Le sue doti principali erano il tempismo e l’eleganza; nella difesa scudettata del Cagliari 1969-70, se c’era la necessità, riusciva spesso a scambiarsi col libero di turno.
Arrivato in Sardegna nel 1963, milita un anno nelle fila della Torres. Nel 1964 il trasferimento al Cagliari, club col quale disputa 12 stagioni conquistando lo storico scudetto. 218 le presenze totali in campionato e 4 reti all’attivo, determinante nell’anno del tricolore nel quale salta una sola partita. L’anno successivo gioca tutte e quattro le sfide del Cagliari in Coppa dei Campioni.
La stagione dello scudetto è particolare perché si trova a giocare con alle spalle prima Tomasini e poi Cera. «Con l’uno o con l’altro non cambiava nulla. – ha dichiarato ai media ufficiali del Club – Forse con Cera ero un po’ più solo al momento della marcatura, perché lui era più abituato a impostare il gioco. E poi eravamo protetti da Martiradonna e Zignoli. Le diagonali come Martiradonna non le faceva nessuno».
Niccolai si disimpegna egregiamente contro tanti campioni. «Chi mi causava delle difficoltà erano i ragazzini. Forse ero io a non affrontarli nel modo giusto», ha ammesso di recente.
Intenso il suo ricordo del 12 aprile 1970: «La prima cosa che mi viene in mente sono i tifosi che invadono il campo. – ha dichiarato in un’intervista – Non sapevamo nulla del risultato della partita della Juventus. Intuimmo che stava accadendo qualcosa di strano perché il pubblico raddoppiò i boati. Si percepiva una strana elettricità in tutto lo stadio. Il raddoppio di Gori fu l’apoteosi».
Niccolai indossa anche la maglia della Nazionale, prendendo parte ai Mondiali del 1970; per lui 3 presenze totali in azzurro. Gioca da titolare la prima partita del Mondiale in Messico; per un infortunio di gioco viene sostituito dopo 37 minuti da Roberto Rosato. A proposito di quella partita, il suo allenatore, Manlio Scopigno, avrebbe detto: «Mi sarei aspettato di tutto dalla vita, ma non di vedere Niccolai in mondovisione».
A fine carriera dopo due brevi esperienze con Perugia e Prato, diventa un apprezzato allenatore federale, facendo crescere intere generazioni di calciatori.
Luca Pes
Giuseppe Tomasini
Per i suoi compagni Tomas, con Niccolai formava un’insuperabile coppia difensiva. È stato eletto miglior libero del torneo nell’anno del tricolore, nonostante fosse il più giovane nel suo ruolo. Pilastro all’interno dello spogliatoio, attento e deciso negli anticipi e nelle chiusure, Beppe Tomasini è una delle più grandi bandiere nella storia del Cagliari.
Nato a Palazzolo sull’Oglio il 28 settembre 1946, inizia a giocare a calcio nel suo paese, prima di passare al Brescia in serie B, contribuendo alla promozione in serie A delle rondinelle. Successivamente passa alla Reggina, con la quale disputa due stagioni tra i cadetti, per poi ritornare al Brescia, esordendo in serie A l’8 settembre 1967.
Nel ’68 apprese con malcontento la notizia del suo trasferimento in Sardegna, condizionato dalla precedente esperienza nel sud Italia a Reggio Calabria. La città l’aveva conosciuta nel 1967 in occasione della sfida tra Cagliari e Brescia, ma non ne rimase particolarmente entusiasta.
Bastarono pochi mesi per fargli cambiare idea, come ha spiegato in un’intervista del 2018 a Galleria Progetti: «Mentre ero a Riccione mi arriva una telefonata dal Brescia: devi andare a Cagliari. Io risposi che non ci sarei andato… Venni qua, feci le visite e andai in ritiro. Dopo qualche mese, mi ero già ambientato con la squadra e con la città e ora sono cinquant’anni che sono ancora qua».
La sue esperienza in Sardegna inizia dunque nell’estate del 1968 e si conclude dopo 9 stagioni in maglia rossoblù, durante le quali colleziona 156 presenze.
Nel 1970, a 24 anni, si laurea Campione d’Italia con il Cagliari. Indiscusso protagonista e titolare inamovibile nella difesa che si rivela la migliore del campionato, fino al brutto infortunio subito a Roma, nella diciottesima giornata del torneo. L’operazione al ginocchio lo costringe a proseguire la stagione da spettatore e gli nega la gioia della Nazionale maggiore e del Mondiale in Messico.
In un’intervista a Cuore Rossoblù, Tomasini ha parlato dell’infortunio evidenziando i lati positivi della vicenda: «Se avessi terminato la stagione sarei finito in qualche grande squadra e la mia vita sarebbe cambiata. Sono contento di essere rimasto. Qui sono a casa».
Terminata la carriera da giocatore, ha ricoperto il ruolo di viceallenatore del tecnico Lauro Toneatto nella stagione ‘77-78. Successivamente ha fatto la scelta di vita di restare nella Città che lo aveva accolto dieci anni prima e ha preso in gestione un distributore di benzina con un bar annesso, alle porte di Cagliari.
Beppe Tomasini è stato e sarà per sempre uno dei giocatori più amati nell’Isola.
Andrea Piras