Silvia Pinna, da Villasor alla scuola italiana di Mosca
Silvia Pinna, 48 anni, di Villasor, si diploma prima al Liceo Scientifico, poi alle scuole magistrali. In seguito si laurea all’Università di Cagliari. Oggi lavora nella Scuola italiana “Italo Calvino” di Mosca, dove insegna matematica e scienze ai ragazzi delle medie e lingua italiana ai bambini della primaria.
Ci descrivi il tuo percorso formativo e le tue esperienze di lavoro?
Dopo la laurea in Scienze Naturali mi sono laureata in Biologia con una tesi in antropologia riguardante il Comune di Villamar.
Nel 2004 ho presentato il progetto “Evoluzione della struttura matrimoniale nel Comune di Villasor nell’’800”, pubblicato dal Comune che poi ha esposto i pannelli descrittivi nelle case campidanesi in occasione della manifestazione “Musei aperti”. Ho in preparazione lo stesso studio riguardante il ‘900 avendo già coinvolto gli studenti dell’Istituto Comprensivo “E. Puxeddu” di Villasor, con indagini sulle loro conoscenze, sul sentimento di appartenenza al concetto di sardità, sul loro albero genealogico, etc.
Ho insegnato materie scientifiche negli Istituti di formazione professionale IAL (Innovazione Apprendimento Lavoro) e ISFOA (Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale) e ho svolto supplenze nella scuola pubblica. Sono stata impiegata nella cooperativa ortofrutticola di Villasor e assistente in una clinica veterinaria.
In Spagna, a Madrid, usufruendo di una borsa di studio, ho partecipato a un corso di formazione con il “Progetto Leonardo”. Per un paio di mesi sono stata in Inghilterra in una famiglia, come ragazza alla pari, per imparare l’inglese. Per un mese e mezzo sono stata in India, a Calcutta, lavorando in una Organizzazione non Governativa.
Qual è il tuo lavoro più continuo, più stabile?
Nel 2012 ho sostenuto un colloquio per insegnare nella scuola italiana “Roma” di Algeri. Sono rimasta fino al 2014 dove ho insegnato nella scuola elementare, media e superiore. Questa scuola è nata negli anni ottanta, con accordi bilaterali tra gli Stati, solo per gli italiani che risiedevano ad Algeri, molti per lavoro nelle multinazionali, nell’Eni, nella Saipem, etc. Gli iscritti erano un centinaio. Negli anni ’90 la scuola fu chiusa per problemi di terrorismo ed è stata riaperta nel 2003. Gli algerini potevano iscrivere i loro figli solo se avevano il passaporto italiano, mentre gli italiani e gli stranieri potevano accedere col passaporto italiano ed europeo.
Non è stata una vita difficile, nonostante molti pregiudizi. Algeri è una città musulmana, di sera e di notte c’è il cosiddetto “coprifuoco” e le donne occidentali vengono osservate con gli occhi della cultura locale, ma non è una città pericolosa come siamo abituati a sentire nei nostri mass media. Le donne sono coperte, non portano né minigonne né abiti succinti, ma io non ho mai usato il velo, solo vestiti con giacchina. Del resto è lo stesso fenomeno di quando nel meridione, fino agli anni ’70, gli uomini guardavano le straniere vestite in modi diversi, più libere, più aperte rispetto alle loro donne.
Arrivi quindi a Mosca. Ci descrivi la tua esperienza fino ad oggi?
Nel 2014 ho sostenuto un colloquio a Mosca per insegnare nella scuola italiana “Italo Calvino”. La scuola un tempo era intitolata “Da Vinci”, dal cognome della moglie dell’ambasciatore italiano a Mosca; fondata nel 1973, oggi è frequentata da circa duecento alunni e studenti russi e italiani. C’è anche il sito in internet “Scuola italiana ‘Italo Calvino’ Mosca”.
A settembre di quell’anno ho incominciato il mio nuovo percorso, molto soddisfacente, che dura ormai cinque anni. Insegno matematica e scienze nelle scuole medie e lingua italiana con un progetto detto “Hocus e Lotus”, storia di due piccoli drinoc; un metodo educativo linguistico con drammatizzazione con cartoni animati, dove i bambini dai 4 ai 6 anni acquisiscono il lessico e la lingua italiana.
Chi sono gli alunni che frequentano la scuola italiana?
Gli alunni dai quattro anni delle scuole materne e quelli delle elementari e medie sono figli di italiani che vivono e lavorano a Mosca, che hanno sposato o convivono con donne russe. Ci sono anche molti figli di russi che apprezzano la metodologia e l’insegnamento del sistema scolastico italiano. L’approccio docenti-alunni piace perché inclusivo, diverso da quello russo che è più rigido, distaccato, in qualche modo anaffettivo. Ho un alunno figlio di un cittadino di Mogoro, sposato con una russa.
Quali sono le famiglie italiane da cui provengono?
Gli italiani che risiedono a Mosca sono coloro che lavorano nel Consolato e nell’Ambasciata italiani. Alcuni lavorano in aziende multinazionali, tra cui le italiane delocalizzate (a causa delle sanzioni e dell’embargo alla Russia da parte degli Stati Uniti, dell’Europa e quindi dell’Italia) e la Barilla. Molti altri sono docenti e ricercatori in diverse università; altri ancora sono ristoratori e proprietari di ristoranti molto apprezzati, tra cui la famosa catena “Farinetti”.
Chi sono i tuoi colleghi?
I miei colleghi provengono da molte regioni italiane, alcuni dalla Sardegna.
Ho una collega di Sassari sposata con un russo. Il collega più importante, perché più conosciuto, è Antonio Gramsci, figlio di Giuliano, che è nato e cresciuto in Russia, nipote del nostro amatissimo Antonio Gramsci. Antonio Gramsci junior, 53 anni, compagna russa, 2 figli, parla perfettamente l’italiano ed è un musicista, percussionista, polistrumentista, compositore e sperimentatore. Oltre che un grande concertista, è un insegnante di scienze (è anche biologo) e impartisce lezioni di musica nella scuola media italiana “Italo Calvino” e in una scuola russa.
Molti non sanno che Antonio Gramsci è imparentato con Lenin da parte di madre. È stato spesso in Sardegna, terra a cui è molto affezionato. È venuto a Cagliari nel novembre 2015 per presentare un suo libro, è autore anche di libri su Antonio Gramsci. È stato a Ghilarza in occasione del capodanno 2017 e ha costruito un ponte di gemellaggio tra la scuola locale e la “Italo Calvino”.
Il 1 febbraio 2019 la Presidente del Senato Elisabetta Casellati in visita a Mosca è stata ricevuta alla “Italo Calvino” dal Preside Cosimo Guarino con un saluto e l’inno di Mameli cantato dal coro degli allievi, diretti dal maestro Antonio Gramsci, presentato appunto col suo nome con la sorpresa generale degli ospiti e dei giornalisti presenti, che non lo conoscevano e non se lo aspettavano.
Qual è il tenore di vita medio a Mosca?
Tutti hanno stipendi medio bassi rapportati ai nostri, per esempio un insegnante guadagna 700 euro al mese, una pensione media è di 100 euro al mese, ma tutti conducono una vita normale e dignitosa rapportata al costo della vita e alle esigenze individuali e familiari. A Mosca città lavorano tutti e in regola. I “tagiki” vengono addirittura da fuori per spalare la neve.
Nell’ultimo anno 1 euro vale 70 rubli dai 47 di un paio di anni fa. La sanità pubblica è gratuita e quella privata, come da noi, a pagamento.
Come si vive a Mosca?
I moscoviti sono molto festaioli, nel senso che in gruppo, tra di loro, banchettano, sono molto allegri, si divertono; però, nei confronti dei turisti, degli stranieri, sono diffidenti. Questo è legato alla loro storia, al ricordo delle spie, anche gli stessi conoscenti o addirittura parenti, perché se si riunivano, in qualunque circostanza, si poteva pensare che potessero contestare il regime dittatoriale, il Partito Comunista, Stalin e i capi del partito e quindi poi arrivavano i militari o i servizi di polizia segreta o politica, anche senza averne parlato. Tutto questo l’ho sentito dai loro racconti. Manifestano diffidenza verso chi non si conosce, non razzismo; un atteggiamento simile al nostro modo di essere sardi, ma con la specificità della loro storia dello stato comunista dove tutto era sotto controllo e tutto era represso e repressivo.
Tutto questo è ben descritto in “Buio a mezzogiorno”, capolavoro di Arthur Koestler, oltre che in molti altri libri sul regime dittatoriale comunista.
La famiglia media è composta da tre-quattro figli. La politica pubblica familiare è di alto livello. Tutti i palazzi hanno il parco giochi per bambini e il giardino per gli inquilini. Il grado d’istruzione è molto alto, i russi e i moscoviti in particolare sono grandi lettori, hanno molta cura per la cultura, l’istruzione, la scuola, l’educazione, il teatro, la musica, le arti. I bambini dai 4 anni in su fanno tutti sport. Lo sport e il ballo sono concepiti a livello agonistico.
Il clima è molto rigido in inverno ma la città è attrezzata con ottimo riscaldamento. Prima dell’inverno manca il riscaldamento per 15 giorni per la pulizia degli impianti. I servizi pubblici sono efficienti e precisi. Niente cibi e bevande in metro, trasporti e luoghi pubblici.
Gli abitanti puliscono il giardino e le aiuole comuni nei palazzi e i parchi giochi e il verde pubblico nelle strade. Cooperano tutti per lavori ambientali, facendo manutenzione e risistemando tutta la città gratis. C’è una grande sensibilizzazione, una grande educazione e collaborazione per tenere la città pulita gratuitamente. I mezzi comunali puliscono le strade con aspirapolvere e in autunno aspirano le foglie degli alberi, di cui Mosca è piena. I controlli sono efficienti in tutti i campi e le sanzioni per chi viola le regole pesanti.
Niente a che vedere con il nostro stile di vita, con i comportamenti senza regole e senza sanzioni.
Che insegnamento si può trarre dal tuo percorso formativo e dalle tue esperienze di vita e di lavoro?
I giovani, secondo me, devono andare fuori, uscire dal loro ambiente ristretto, in altre regioni, e soprattutto all’estero per fare esperienze di studio, di lavoro, di vita e per imparare le lingue. Poi possono tornare e mettere a frutto ciò che hanno imparato e acquisito in molti campi diversi mettendolo poi a disposizione di tutti nel proprio ambiente.
Luigi Palmas