Vita da nomadi
di Sara Saiu
Figlie dei cosiddetti boomers, le nuove generazioni si discostano sempre più dai valori e dagli obiettivi dei loro predecessori. Nel secondo dopoguerra si è vista una ripresa economica graduale dove le principali mete da raggiungere erano la famiglia, il posto fisso e l’investimento immobiliare. Valori profondi ma dettati da una società diversa per esperienze e mentalità rispetto a quella contemporanea. Una tendenza sempre più diffusa tra i giovani d’oggi, cercando di non incappare in sterili generalizzazioni, è quella di non fare famiglia, di cambiare spesso lavoro e di investire su una “casa mobile” come un van o un camper. L’esigenza di non creare legami e dipendenze nasce senz’altro da uno stato di disagio, ma non solo: non trattasi infatti di mera ribellione ai valori della società, ma di una voglia di sentirsi liberi, stimolati e dinamici. La staticità di una famiglia, di un lavoro fisso e di una casa non è cosa per tutti, e sempre di più, soprattutto nel post covid, questa modalità di pensiero tende a diffondersi. L’incertezza creata dalla pandemia ha smosso le nuove generazioni insegnando loro che niente può essere dato per scontato, neanche la libertà di uscire di casa propria. Ecco perché le persone hanno necessità di evadere e trovano nella vita da “nomadi” un modo per non sentirsi “in trappola”. Purtroppo però c’è ancora molto pregiudizio e maldicenza sul tema e tendenzialmente si giudicano negativamente coloro che intraprendono uno stile di vita non consono ai modelli tradizionali. In realtà ci sono una miriade di aspetti positivi e di esperienze che lo comprovano di persone che si dedicano allo sport, alla scrittura, all’artigianato itinerante, ecc. Vivere in movimento ti costringe ad accontentarti, a rinunciare al superfluo, a godere dello spettacolo diverso che ogni giorno ti offre la natura, tutti aspetti che il troppo impegno familiare, lavorativo e casalingo spesso mettono in secondo piano.