Sono passati ventinove anni da quando nelle case dei cittadini decimesi è comparso il primo Vulcano (il numero zero del bimestre Novembre-Dicembre 1995): il giornale dell’ARCI Bauhaus di Decimomannu.
Cosa significa Bauhaus? Era il nome di una scuola tedesca di architettura ed arte applicata soppressa dal regime nazista nel 1933 (il cui nome significa “Casa della Costruzione”), basata sulla collaborazione tra insegnanti e allievi e ispirata da motti quali “i bisogni del popolo invece delle ragioni del lusso” o il più noto “imparare facendo”. E forse, inconsapevolmente, molti di noi sono diventati giornalisti sul campo e hanno imparato facendo.
Quando tra i primi tesserati si cominciavano a tracciare le linee e si discuteva sulle possibili attività del nostro circolo, qualcuno avanzò l’ipotesi di realizzare un giornalino. L’idea piacque a tutti e fu talmente entusiasmante che qualcuno, tra il serio il faceto, apostrofò il proponente come un “vulcano di idee”. Anche da qui il nome del nostro giornale. L’altro riferimento è al dio Vulcano o Efesto, artigiano degli dei, simbolo del lavoro e del fare.
Certo, visti gli esigui mezzi, la veste tipografica era abbastanza spartana: un giornale di venti pagine, fotocopiato e pinzato in proprio, una tiratura di appena duecento copie, ma l’entusiasmo e la passione di noi pionieri erano eccezionali e ancora resistono. Nel corso degli anni si sono aggiunti al giornale collaboratori dei paesi vicini e gradualmente siamo usciti dai confini decimesi. Nel 2010 lo sbarco sul web, nel 2018 la nascita del nostro rinnovato notiziario online.
Attualmente, per ogni numero della rivista, collaborano circa venti persone che si occupano di scrivere, fotografare, curare il sito web, lavorare in segreteria, portare il giornale agli abbonati e soprattutto procacciare gli sponsor che ci consentono di sopravvivere.
Qualcuno con insistenza continua a chiederci: «Qual è la ricetta del successo di Vulcano?». Il successo di un giornale consiste nel dare spazio a tutti, indipendentemente dalle proprie idee, dal pensiero politico, dal livello sociale, dal sesso, dalla religione: così come enunciava Germano Mameli nel primo articolo intitolato «Linfa Vitale». In questi anni nel Vulcano hanno trovato spazio tutti: dai partiti politici, alle associazioni culturali, dalle associazioni sportive ai semplici cittadini.
Qualcuno, e questo è uno scoop, ha tentato di comprare il nostro giornale, il nostro piccolo gioiello-giocattolo, ma non ci sembrava giusto buttare alle ortiche anni di lavoro e di divertimento, soprattutto perché Vulcano deve rimanere libero: senza bavagli! Certo, forse noi ce lo possiamo permettere perché non è il giornale a darci da vivere.
«I giornalisti hanno un padrone al quale debbono rispondere? E se questo padrone esiste, fino a che punto si può dire che il giornalista è libero di esprimere sulle pagine del giornale le proprie opinioni?».
La tesi di Eugenio Scalfari, purtroppo, corrisponde alla realtà e potrei citarvi molti esempi: ma è sufficiente dare uno sguardo, anche non molto approfondito, a ciò che propone l’editoria nazionale e/o regionale.
Cari lettori, Vulcano è una realtà: povera, ma pulita e trasparente. Una testata libera che continuerà a dare voce a tutti. Se un giorno queste condizioni non dovessero più esistere, vorrà dire che ha finito il suo compito e di esso si potrebbe fare anche a meno.
Sandro Bandu